Un mio insegnate una volta disse che gli unici ad aver un bambino dentro di sé sono le donne in cinta. In realtá anche lui sapeva bene che tutti abbiamo un bambino interiore e che proprio la nostra parte bambina ci permette di entrare in contatto con la nostra essenza più pura.
Talvolta ho sentito clienti criticare se stessi per aver avuto una reazione infantile a qualcosa che li aveva feriti e mi sono trovata a spiegare che quella reazione veniva probabilmente dal bambino interiore che, se non accudito, visto e guarito, può muoversi nella nostra vita in cerca di conforto. E allora tendiamo a dipendere emotivamente da persone che ci sembrano adatte a confortarci, oppure ci ribelliamo per non soffrire o altre volte ancora possiamo rifugiarci nel ruolo della vittima e cercare qualcuno che ci salvi.

Viaggiare è una delle mie grandi passioni che sta tornando nella mia vita a prendere più spazio ora che le figlie stanno crescendo. Forse anche per questo ho scelto di vivere all’estero.
Quello che mi piace del viaggio è la visuale di panorami diversi da quello a cui sono abituata, l’interazione con una cultura che pensa e agisce diversamente da quello che per me è normale e la scoperta della storia e della cultura di un paese attraverso la sua storia, i suoi monumenti e la sua lingua.
 
Viaggiare ti porta a fare esperienze nuove con persone nuove, ti sfida a riflettere su perché fai quello che fai come lo fai e ti invita a considerare altri modi, altre possibilitá e altri mondi. Entrare in contatto con un altra cultura ti porta ad entrare in contatto con parti inesplorate di te stesso che diventano il tuo nuovo territorio e finiscono con l’allargare i tuoi orizzonti.
Ma come poter godere al meglio del potere che viaggiare mette nelle nostre mani?

È molto comune che all’inizio di un percorso di terapia la sensazione dominante sia quella di sentirsi in qualche modo vittime. È naturale che sia così, perché iniziare un percorso di terapia ha solitamente a che fare con un bisogno di aiuto che si sente in un momento difficile in cui non ci sembra di riuscire ad uscirne da soli, quindi ci si sente vittimizzati da situazioni o persone nel nostro ambiente.
 
La condizione di vittima può diventare permanente se non stiamo attenti e questo può avere conseguenze nefande per noi e la nostra vita. È sicuramente una posizione scomoda quella della vittima, ma ci si può abituare e in qualche modo dimenticare quali sono le alternative e quindi finire con lo stagnare in questo che diventa un vero e proprio atteggiamento verso la vita. Che fare allora se vuoi evitare tutto questo?

Mentre continuo a non dire altro tranne che OM è una pratica di meditazione, mi accingo a introdurre il secondo principio di questa pratica: il desiderio è il tuo carburante e la tua bussola.
Lo scopo ultimo del desiderio non è misurare il momento presente per giudicare se è buono o cattivo, positivo o negativo, da complimentare o da criticare. Il vero valore del desiderio è nella sua capacitá di motivarti e accellerare il tuo movimento verso ciò che vuoi, ma che senza la forza del desiderio, probabilmente non avresti neanche osato pensare.

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OM è una pratica meditativa, non ti dirò di più a questo punto per non distrarti e perché francamente è inrilevante. Quello che è invece importante sapere è che praticare OM porta in superficie la nostra vera natura. Per questo, scrivo dei principi che governano la pratica dell’OM.
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Vedere aspetti della tua vera natura ti svela chi sei, come fai le cose e se indaghi su queste linee sarai in gradi di capire meglio i perché che ti guidano. Le ferite non guarite, i credo ricevuti senza far domande, le paure da rivedere e le esperienze che non hai ancora elaborato.